Camminando attraverso i sentieri degli Euganei, ho potuto costatare quanto fosse meravigliosa la natura che mi circondava e quanto armoniosa e avvolgente fosse la sua bellezza. Ogni volta l’itinerario, anche se l’avevo già percorso, era sempre una scoperta nuova, affascinante, ne scoprivo particolari che fino a quel momento non avevo mai visto, angoli di natura dove l’occhio non si era mai posato, accorgendomi così delle bellezze recondite, ancora inesplorate, che essa possedeva. Essere attratti da un bel fiore colorato o dalle ali di una farfalla variopinta, oppure dalla limpidezza di un paesaggio, ha una sua logica, è normale. E’l’istinto che indirizza il nostro sguardo a focalizzare quel determinato punto, è l’immediatezza di quell’immagine che ci colpisce, portandocela dritta al cuore. La mia visione, però, è un po’ diversa. Ho imparato, durante i miei percorsi, a osservare la natura, oltre che per la bellezza esteriore, anche per la sua parte più nascosta, più profonda, quella dove l’occhio non si accorge subito di quanto sia interessante l’aspetto di un tronco d’albero, la forma astratta di una radice o la nascita spontanea di un fiore.
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Come un insieme di sottili capillari
(sentiero Fiorine - S.Antonio) |
Se si vuole vivere la natura e scoprirne i suoi segreti fino in fondo, bisogna affrontarla con curiosità. Ripercorrere un sentiero non mi ha mai annoiato, anzi, mi ha stimolato ad approfondirne la sua conoscenza e dato l’opportunità di incontrare elementi naturali (alberi, piante, fiori, farfalle, ecc.) piuttosto particolari. Prendiamo, ad esempio, l’albero. Nei Colli Euganei ne esiste un’infinità di specie, più o meno conosciute, ognuna con una sua identità, una sua caratteristica. Se guardiamo attentamente, però, potremo incontrare alcuni esemplari dai lineamenti singolari, a volte inquietanti, che sembrano venuti fuori da libri di antiche leggende. Alberi che portano alla mente mondi fantastici, popolati da fate, folletti, gnomi, belle addormentate e principi azzurri. Alberi magici, dalle forme contorte, tenebrose, che paiono posseduti da strane entità, le cui sembianze sembrano dar vita a piccoli volti di elfi, teste di animali imbalsamate, oscure selve intricate e selvagge, invalicabili barriere che ostacolano il nostro cammino, tronchi bitorzoluti che, in un sottile inseguirsi di rami, si lanciano verso il cielo come dita incurvate di vecchie megere. Figure che appaiono pietrificate, colpite da un perenne maleficio e destinate a rimanere tali, inghiottite per sempre dalla gola profonda del tempo. Quanto ci può portare lontano la fantasia osservando un semplice albero! E’questo, comunque, quello che mi affascina: saper cogliere attraverso la fantasia quello che, in quel momento, è sotto ai miei occhi. Ha sempre stimolato il mio interesse, la bellezza e l’armoniosa struttura di questo importante elemento naturale, sia esso nel pieno della fioritura che rinsecchito e spoglio del suo manto. La struttura di un albero, in alcuni casi, trasmette sensazioni e fa volare la fantasia. L’albero ci può parlare, perché ha un suo linguaggio, ci può guidare, sussurrare i suoi segreti, ci può dare conforto, farci respirare; l’albero ci aiuta a costruire, a riscaldarci, ci dona frutti, si fa testimone del nostro amore. L’albero è vita. Uno che gli alberi li conosce molto bene e ne ha fatto fonte principale dei suoi racconti, è lo scrittore Mauro Corona. I suoi racconti sono zeppi di frasi, parole e aforismi riguardanti gli alberi. In uno dei suoi primi libri, “Le voci del bosco”, ne descrive pregi, virtù, debolezze, narcisismi, mettendoli spesso a confronto con il carattere di una persona. All’interno del libro vi è una frase che mi ha colpito e che vorrei riportare.
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Movenze in controluce (Colli sopra Luvigliano) |
Essa dice: “Gli alberi non si spostano, ma possiedono un loro carattere che comunicano in vari modi: con la bellezza, con l’oscillazione delle fronde, con la consistenza delle fibre. E anche con la diversa reazione che hanno nei confronti di chi li tocca”. In effetti, è così. L’albero ha una propria vita, un proprio carattere, una propria voce, che ci trasmette attraverso l’esteriorità della sua struttura che può essere fragile, robusta, aggraziata o malinconica. L’albero è come una persona e, come tale, va rispettato. Alcuni alberi, per difendersi dalle ferite procurate dall’uomo e dal tempo, producono una sostanza giallastra e appiccicosa chiamata resina che quando fuoriesce dalla corteccia, inebria l’aria di silvestri fragranze. A questo proposito Mauro Corona, nel suo libro “Gocce di resina”, ne delinea un’immagine molto bella e poetica. “La resina è il prodotto di un dolore, una lacrima che cala dall’albero ferito. Gocce dorate, gialle come miele, che scappano via, non fuggono come l’acqua, non abbandonano l’albero. Rimangono incollate al tronco, per tenergli compagnia, per aiutarlo a resistere, a crescere ancora. I ricordi sono gocce di resina che sporgono dalle ferite della vita”. Impariamo, quindi, ad amare gli alberi, a conoscerne l'evolversi durante il corso delle stagioni. Guardiamoli mentre cambiano di colore o quando si spogliano del loro abito. Osserviamone la loro struttura e su un pezzo di carta, proviamo a disegnarne i contorni. E’ come se gli facessimo un ritratto, la cui immagine può destare in noi emozioni diverse, ma sempre legate da uno stesso sentimento: l’Amore.
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Ricami merlettati alla luce del tramonto - (Monte Gemola) |
Entriamo, come in una favola, nel magico mondo degli ALBERI
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Braccia protese (sentiero Monte Cero) |
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Il grande Albero Maestro (Argine Battaglia) |
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Sinfonia d'inverno (Calaone) |
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Nella soffusa luce del mattino, la neve veste di bianco le spoglie rame (Calaone) |
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Richiamo di luce (verso Teolo) |
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Il riposo dell'alce (Argine Battaglia) |
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Le tre sentinelle (Colli sopra Luvigliano) |
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Tenero abbraccio (sentiero Monte Cero) |
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C'era una volta in un bosco incantato.... (verso Galzignano) |
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L'albero s'addormenta alle prime luci del crepuscolo (verso Galzignano) |
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Oscuro richiamo (Calaone) |
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Al riparo di braccia amiche (sentiero Monte Grande) |
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Nel buio dell'intricata selva, i miei passi diventano incerti (sentiero Monte Fasolo) |
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Particolare del tronco di un castagno secolare del Venda (sentiero Monte Venda) |
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Un volto quasi demoniaco, scaturisce dalla radice di un vecchio castagno (Monte Venda)
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Lo sguardo inquietante di un folletto (sentiero Monte Gemola) |
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Testa canina (sentiero Monte Cero) |
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Guardami nel cuore (sentiero Monte Cecilia) |
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L'occhio che vigila (sentiero Monte Cero - tronco d'ulivo) |
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” Il mezzo può essere paragonato a un
seme, il fine a un albero; e tra mezzo e fine vi è esattamente lo stesso
inviolabile nesso che c’è tra seme e albero”. Gandhi
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